Lingua e cultura sono due aspetti antropologici interconnessi e non è possibile imparare una lingua senza entrarne in contatto con la cultura e, viceversa, è impossibile studiare la cultura di una nazione senza passare per la lingua e i modi di dire di un popolo. In più, con la diffusione della cultura digitale la conoscenza dell’inglese è imprescindibile non solo per restare aggiornati, ma anche e soprattutto per capire il mondo che ci circonda e per accedere a una quantità di contenuti decisamente più vasta e plurale.
Per questo noi di Speak cerchiamo sempre di proporti non solo contenuti importanti per migliorare il tuo inglese, ma anche di farti conoscere degli aspetti culturali del mondo anglofono del passato e del presente che possono aiutarti a padroneggiare meglio la lingua, arricchire il tuo lessico e magari permetterti di conoscere argomenti nuovi a cui appassionarti. (Hai già dato un'occhiata, per esempio, al nostro articolo sulla cultura gastronomica americana di qualche tempo fa?)
Vista la clausura forzata della quarantena e la primavera alle porte, a Speak abbiamo pensato di parlarti del Minimalism che negli ultimi anni si è diffuso dagli States al resto del mondo anglofono (e non), che magari potrà essere fonte di ispirazione per il tuo declutter di primavera.
Cos’è il Minimalism?
Il concetto di minimalismo non è nuovo, viene da una corrente artistica che coinvolgeva tutte le arti figurative degli anni sessanta chiamata appunto minimalismo che, secondo la definizione di Wikipedia si proponeva di
“expose the essence, essentials or identity of a subject through eliminating all non-essential forms, features or concepts.”
Tuttavia il movimento del minimalismo di cui vogliamo parlarvi non si riferisce all’arte: è una filosofia che influenza l’approccio alla vita di chi lo segue partendo all’organizzazione del proprio guardaroba, della casa, dei dispositivi smart influenzando addirittura la gestione del tempo e della socialità.
La definizione di minimalismo nelle arti figurative è tuttavia affine ai concetti che sono alla base del Minimalism e del Simple Living.
Secondo Joshua Fields Millburn & Ryan Nicodemus, autori del blog The Minimalists e tra i primi a diffondere il concetto di minimalismo e a condividere la loro esperienza da minimalisti:
“Minimalism is a tool that can assist you in finding freedom. Freedom from fear. Freedom from worry. Freedom from overwhelm. Freedom from guilt. Freedom from depression. Freedom from the trappings of the consumer culture we’ve built our lives around. Real freedom.”
Minimalismo vs materialismo
Nel documentario del 2015 Minimalism: A Documentary About The Important Things disponibile in lingua originale e con sottotitoli su Netflix, Joshua e Ryan affermano, attraverso le parole di numerosi esperti e ricercatori che per il sistema capitalistico americano i cittadini non sono altro che consumatori, costantemente bombardati dal marketing e dalla falsa promessa che il prossimo oggetto che compreranno gli regalerà la felicità e che il successo si esprime solo attraverso l’ostentazione dei beni materiali. Che per il sogno americano corrotto dal capitalismo, felicità è uguale a successo e se hai il successo ma non ti senti ancora felice è solo perché non hai ancora comprato l’ultimo modello di quello smartphone o non sei andato ancora in vacanza dove quella star del cinema è appena stata.
A questo proposito, Juliet Schor, economista e sociologa che ha dato il proprio contributo nel documentario, afferma che:
“There is no question that what it means to have made it, or have achieved the American Dream in the United States has increased tremendously in material terms. A hundred thousand dollar a year – plus kind of income – became more and more an aspirational norm across the society, because that's what's portrayed as normal on TV.”
È impossibile dimenticare le vite ai limiti dell’assurdo di docu-reality come Hoarding: Buried Alive, in Italia Sepolti in Casa, in onda su Real Time e Tidying Up with Marie Kondo, disponibile in inglese con sottotitoli in italiano su Netflix, eppure quelle condizioni non sono così lontane dalla realtà quotidiana di un numero significativo di americani, tanto che il metodo KonMari e il suo mantra “Spark Joy” sono entrati a far parte del nostro lessico. Addirittura la piccola Marie non si ferma e in piena pandemia ha rilasciato il suo nuovo manuale Joy at Work: Organizing Your Professional Life in cui, come già si intuisce dal titolo, punta a riorganizzare anche i nostri uffici.
Il minimalismo, insomma, è una risposta al materialismo consumista, è il modo che alcune persone hanno trovato per semplificare le proprie vite, liberarsi di ciò che era superfluo e creava solo clutter, cioè disordine (da cui il declutter, che sembrava essere la parola regina dei primi mesi dello scorso 2019).
Per alcuni materialisti incalliti, aderire al minimalismo vuol dire donare la maggior parte dei propri vestiti, vendere la macchina e la maggior parte dei propri mobili e vivere possedere solo 100 cose.
In realtà per Joshua e Ryan e altre centinaia di persone nel mondo, essere dei minimalist significa e vivere una vita più intentional e sustainable. Già nel 2000 l’autrice di Choosing Simplicity, Linda Breen Pierce scriveva:
“Rather than being consumed by materialism, we choose to surround ourselves with only those material possessions we truly need or genuinely cherish.”
Chi si definisce un minimalist è qualcuno che decide ogni giorno di ridurre il proprio impatto sull’ambiente facendo scelte più etiche e sostenibili – il fatto stesso che acquisti meno beni ha di per sé un impatto positivo sul nostro ecosistema – e che bada alla sostanza delle cose, non all’apparenza. In questo senso il Minimalism permette di passare meno tempo a preoccuparsi delle cose (da sistemare, da comprare, da indossare, …) che non sono utili o non ci portano gioia (ecco che torna Marie Kondo) e di dedicare il tempo che si è guadagnato a coltivare una passione, imparare qualcosa di nuovo o semplicemente trascorrendo più tempo con ciò che davvero conta nella vita, le persone a cui si vuol bene – I know it’s cheesy, but it’s true. Ora più che mai.
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